AZZARDI di Franco Astengo

Le forniture dovevano limitarsi alle armi difensive, per evitare l’escalation e prevenire un “conflitto diretto con la Russia, sinonimo di terza guerra mondiale” (testuale da Biden).

Un anno dopo gli equipaggi protettivi forniti dal campo occidentale si sono trasformati in elicotteri Mi-17, in cannoni Howitzwer da 155 mm, in droni kamikaze, in lanciarazzi a lungo raggio e in carri armati Abrams e Leopard. I limiti fissati un giorno sono stati superati il giorno successivo.

Da parte sua la Russia sta mobilitando le forze necessarie per raggiungere i propri obiettivi, in una guerra che percepisce come una questione esistenziale che impegna il destino della nazione.

Da questo stato di cose ne consegue una logica valutazione politica: l’idea che la Russia messa all’angolo accetterebbe la propria sconfitta piuttosto che usare armi più distruttive si basa su di una mossa d’azzardo.

Presto potrebbe porsi la questione del dispiegamento delle truppe occidentali.

Per il momento Washington si rifiuta di farlo.

Ma il presidente Lyndon Johnson nell’ottobre del 1964 non aveva forse dichiarato “Non manderemo i ragazzi statunitensi a nove o diecimila miglia da casa a fare quello che i ragazzi asiatici dovrebbero fare da soli” ( conferenza presso l’Università di Akron – Ohio- 21 ottobre 1964).

Avrebbe cambiato idea pochi mesi dopo.

A partire dal 1965 sarebbero sbarcati in Vietnam tre milioni di ragazzi statunitensi: 58.300 non sarebbero mai tornati.

Una vittoria impossibile, uno stallo prevedibile, una ostinazione nell’errore per il solo motivo di non perdere la faccia, questo destino non attende solo i russi.

Gli Stati Uniti hanno dimostrato in Iraq e in Afghanistan di non riuscire a imparare la lezione del loro impegno in Vietnam.

Autorevoli analisti ormai fanno notare che sostenuta dalla NATO e dotata di armamenti rutilanti, l’Ucraina si pone ormai obiettivi di guerra eccessivi.

Incoraggiando questo oltranzismo gli Occidentali non otterranno altro che un conflitto più lungo, più ampio, più aspro.

E’ arrivato il momento nel quale il movimento per la pace deve cercare di far valere questo tipo di argomentazioni nella ricerca di un equilibrio nelle proposte riguardanti la fine del conflitto: debbono essere così assunte iniziative conseguenti anche a partire dalle realtà periferiche e dalle relatà di base.